Il Karate

Calligrafia della parola giapponese karatedō.
Calligrafia della parola giapponese karatedō.
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Karate (空手?) è un'arte marziale nata nelle isole Ryukyu, (la cui più grande è l'isola di Okinawa), in Giappone. Fu sviluppato dai metodi di combattimento indigeni chiamati: te ( letteralmente: "mano vuota"?) e dal kenpō cinese.[1][2][3] Prevede la difesa a mani nude, senza l'ausilio di armi, anche se la pratica del Kobudo di Okinawa, che prevede l'ausilio delle armi tradizionali (Bo, Tonfa, Sai, Nunchaku, Kama), è strettamente collegata alla pratica del Karate. Attualmente viene praticato in versione sportiva (privato della sua componente marziale e finalizzata ai risultati competitivi tipici dell'agonismo occidentale) e in versione arte marziale tradizionale per difesa personale. Nel passato era studiato e praticato solo da uomini, ma col passare dei secoli anche le donne si sono avvicinate a questa disciplina.

Il Karate fu sviluppato nel Regno delle Ryūkyū prima della sua annessione al Giappone nel XIX secolo. Fu portato sul continente giapponese durante il periodo degli scambi culturali fra i nipponici e gli abitanti delle Ryukyu. Nel 1922 il Ministero dell'Educazione Giapponese invitò Gichin Funakoshi a Tokyo per una dimostrazione di karate. Nel 1924 l'Università Keio istituì in Giappone il primo club universitario di Karate, e nel 1932 tutte le maggiori università avevano i loro club.[4] In un'epoca di crescente militarismo giapponese,[5] il nome fu modificato da mano cinese (唐手?) a mano vuota (空手?)– che in entrambi i modi viene pronunciato karate – ad indicare che i nipponici svilupparono una forma di combattimento di stile giapponese.[6] Dopo la seconda guerra mondiale Okinawa divenne un importante sito militare statunitense, ed il Karate popolare tra i soldati stanziati sulle isole.[7]

Shigeru Egami, capo istruttore del Dojo Shotokan, riteneva che "la maggior parte dei sostenitori del karate nei Paesi oltre mare vedeva questa disciplina solo come una tecnica di combattimento. Film e televisione rappresentavano il karate come un modo "misterioso" di combattere, capace di causare la morte o il ferimento dell'avversario con un singolo colpo. I mass media lo rappresentavano come una pseudo arte lontana dalla realtà."[8] Shōshin Nagamine scrisse: "Il Karate può essere considerato come una lotta con se stessi, o come una maratona lunga tutta la vita che può essere vinta solo attraverso l'autodisciplina, il duro allenamento e i propri sforzi creativi."[9]

Nato come arte marziale per il combattimento e l'autodifesa, con il tempo il karate si è trasformato in filosofia di vita, in impegno costante di ricerca del proprio equilibrio, in insegnamento a "combattere senza combattere", a diventare forti modellando il carattere, guadagnando consapevolezza e gusto nella vita, imparando la capacità di sorridere nelle avversità e di lavorare con determinazione e nel rispetto degli altri. Solo quando questo insegnamento verrà compreso appieno, sostengono i suoi estimatori, l'allievo potrà essere veramente libero e realizzato.

Etimologia

Karate-Dō - "Via della Mano Vuota"

Kara significa vuoto. Te significa mano. significa Via, ovvero il percorso di autoperfezionamento che si intraprende attraverso questa disciplina. La parola giapponese karate, nel complesso, si compone di vuoto e pugno, non il vuoto in sé, ma in relazione ad un lavoro, ad un'attività, cioè mettersi all'opera per fare il vuoto. Il termine zen ku, che indica lo spirito vuoto, l'assenza di Ego, può essere pronunciato anche "kara".

Questi concetti suggeriscono che il praticante di karate dovrebbe allenare la propria mente affinché sia sgombra, vuota da pensieri di orgoglio, vanità, paura, desiderio di sopraffazione; dovrebbe aspirare a svuotare il cuore e la mente da tutto ciò che provoca preoccupazioni, non solo durante la pratica marziale, ma anche nella vita. Si può quindi riassumere che il karate è un'arte; una disciplina che si applica a mani nude, di origine giapponese e che rafforza il corpo e lo spirito.

"Come la superficie di uno specchio riflette qualunque cosa le stia davanti, così il karateka deve rendere vuota la sua mente da egoismo e debolezze, nello sforzo di reagire adeguatamente a tutto ciò che potrebbe incontrare." G. Funakoshi

Storicamente ad Okinawa, patria di quest'arte marziale, pur essendo in uso l'accezione karate, più spesso si adoperavano altre parole: te o bushi no te (mano di guerriero).

Il carattere giapponese per "mano vuota" fu usato per la prima volta nell'agosto del 1905 da Chōmo Hanashiro, maestro di Okinawa, in Karate Shoshu Hen (Il combattimento nel Karate).[10]

Storia

Descrivere in modo dettagliato l'evoluzione del karate risulta difficile per mancanza di fonti storiografiche certe. Si possono solo formulare ipotesi riguardo alla nascita e alla diffusione iniziale di quest'arte marziale, utilizzando rare fonti costituite perlopiù da racconti e leggende trasmessi oralmente. Dal XIX secolo in poi, la storia risulta più chiaramente documentata.
La storia del Karate parte da un arcipelago a sud del Giappone, le isole Ryūkyū (in origine scritto Ryu-kyu), e in particolare da una di queste, l’isola più grande: Okinawa. Non è possibile affermare con certezza se esistesse già una forma di combattimento autoctona; tuttavia, si crede che fosse già praticata un'arte "segreta": l’Okinawa-te.

L’arcipelago delle Ryu-Kyu era diviso in tre regni. Per molti secoli Okinawa –nell’arcipelago dei Tre regni delle Ryu-kyu, che allora erano stati a sé, indipendenti dal Giappone– aveva mantenuto rapporti commerciali con la provincia cinese di Fukien e fu così, probabilmente, che conobbe alcune arti marziali cinesi come il kempo o chuan-fa / quan fa («Via del pugno»), nato secondo la tradizione nel monastero di Shàolín-sì, modificandolo col passare degli anni secondo metodi locali. La stessa isola di Okinawa era divisa in tre principati: Hokuzan (北山 Montagna settentrionale), Chūzan (中山 Montagna centrale) e Nanzan (南山 Montagna meridionale). Sho Hashi, re di Chuzan, nel 1429 unificò i tre regni delle Ryu-kyu. Poco più tardi, Sho Shin (che regnò dal 1478 al 1526), per mantenere la pace, intorno al 1500 vietò il possesso di armi, che furono raccolte e chiuse in un magazzino del castello di Shuri. Dopo la battaglia di Sekigahara, il clan vittorioso dei Tokugawa concesse al clan degli Shimazu, che governavano il bellicoso feudo di Satsuma nell’isola di Kyushu, di occupare le Ryu-kyu: 3.000 samurai compirono l’invasione senza incontrare valida resistenza (1609).

Poiché fu rinnovato il divieto di possedere armi e persino gli utensili di uso quotidiano come bastoni e falcetti dovevano essere chiusi nei magazzini durante la notte, gli abitanti si dedicarono in segreto allo studio di una forma di autodifesa da usare contro gli invasori.

Nacque così la scuola Okinawa-te («mano di Okinawa»), detta anche to-de («mano cinese» [l’ideogramma to caratterizza la dinastia Tang]), che si differenziava in tre stili: Naha-te, sul modello del kung-fu / gongfu della Cina meridionale, Shuri-te e Tomari-te, sul modello del kung-fu / gongfu della Cina settentrionale. Va precisato che Naha era la capitale dell’isola di Okinawa, Shuri la sede del castello reale e Tomari la zona del porto (oggi Shuri e Tomari sono quartieri di Naha).

L'ideogramma te (手) letteralmente indica la parola "mano", ma per estensione può anche indicare "arte" o "tecnica"; il significato di Okinawa-te, quindi, è "arte marziale di Okinawa".

Essa era praticata esclusivamente dai nobili, che la tramandavano di generazione in generazione. Secondo le credenze popolari, come detto sopra, la nascita del karate è dovuta alla proibizione dell'uso delle armi nell'arcipelago delle isole Ryūkyū.

Ciò è vero solo in minima parte, in quanto l'evoluzione di quest'arte marziale è molto più lunga e complessa. Nei secoli XVII e XVIII le condizioni dei nobili di Okinawa cambiarono notevolmente; l'improvviso impoverimento delle classi alte fece sì che gli esponenti di quest'ultime iniziassero a dedicarsi al commercio o all'artigianato. Fu grazie a questo appiattimento tra i due ceti che l'arte "segreta" iniziò a penetrare anche al di fuori della casta dei nobili.

La conoscenza del te restava uno dei pochissimi segni di appartenenza passata a un'elevata posizione sociale. Per questo motivo i nobili, ormai divenuti contadini, tramandavano quest'arte a una cerchia ristrettissima di persone, quasi in modo esoterico.

Così facendo si è avuta una dispersione dell'arte originale e furono gettate le basi per i vari stili di karate. Fondamentale per la nascita del tode furono anche le arti marziali cinesi. Le persone che si recavano in Cina, anche per due o tre anni, avevano modo di studiare le arti marziali del luogo e, in molti casi, cercarono di apprenderle. Le arti marziali cinesi si basano su concetti filosofici e su un'elaborata concezione del corpo umano; era quindi impossibile imparare le arti cinesi nello spazio di un solo viaggio. I viaggiatori giapponesi appresero quel che potevano. Si pensa quindi che sia stata possibile una sorta di fusione tra le arti arrivate dalla Cina, che comunque costituivano uno stile non metodico, e il te okinawese. Una prova di questo importante scambio culturale tra Okinawa e Cina è fornita da un maestro vissuto in epoca successiva, Ankō Itosu. In uno scritto di suo pugno vede le origini del karate nelle arti cinesi e sottolinea come non abbiano influito né il Buddhismo né il Confucianesimo.

Il primo maestro delle Ryu-kyu fu Kanga Sakugawa di Shuri (1733-1815), signore di Okinawa ed esperto di te; era soprannominato “Tode” perché combinò il kempo, da lui studiato in Cina, con le arti marziali di Okinawa.
Egli fu il primo maestro che provò una razionalizzazione e una codificazione delle arti diffuse ad Okinawa. Tuttavia trascorse ancora qualche decennio prima dello sviluppo di una vera e propria scuola di tode.

Il fondatore di questa scuola fu il suo allievo Sōkon Matsumura (1809-1901); egli fu maestro del grande Ankō Asato (o Azato 1827-1906), a sua volta maestro di Gichin Funakoshi (1868-1957).

Il suo stile di tode era chiamato Shuri-te (arte marziale di Shuri) in quanto Matsumura era residente proprio nella città di Shuri.
Egli basò il proprio insegnamento su tre punti fondamentali: la pratica dell'arte autoctona di Okinawa, l'arte giapponese della spada (Jigen-ryū) e la pratica delle arti cinesi. Nacque così il vero e proprio tode. Anko Itosu (1832-1916), allievo esterno di Matsumura, grande amico di Azato e anch’egli maestro di Funakoshi, introdusse il to-de nelle scuole di Okinawa e mise a punto i cinque kata detti Pinan (presenti nel karate degli stili come il Wado-Ryu e Shito-Ryu. Il primo maestro di Okinawa a recarsi in Giappone fu Motobu Chōki di Shuri (1871-1944), straordinario combattente, ma illetterato, che perciò non ottenne grande successo come insegnante. Solo più tardi, con l’arrivo dell’allievo Funakoshi, divenuto poi maestro, l’Okinawa-te poté diffondersi nel paese del Sol Levante.

Si dice che il primo maestro di Naha-te fosse Higaonna Kanryō, noto anche come Higashionna (1853-1915; secondo alcune fonti la nascita sarebbe nel 1840). Kanryio Higaonna aiutò molto Funakoshi nella diffusione del karate in Giappone. Con questa diffusione, l'Okinawa-te divenne così il Karate.

Gichin Funakoshi nacque a Shuri. Bambino gracile e introverso, si appassionò alle arti di combattimento: studiò con Azato, padre di un suo compagno di scuola e maestro di svariate arti marziali, poi con Itosu, quindi con Matsumura. Era non solo un abile calligrafo, ma conosceva anche i classici cinesi; pertanto nel 1888 cominciò ad insegnare in una scuola elementare.

Nel 1921 passò per Okinawa il principe Hirohito, diretto in Europa, e nel castello di Shuri, Funakoshi organizzò un’esibizione che fu molto apprezzata. Lasciato l’insegnamento, nella primavera del 1922 Funakoshi fu scelto per eseguire una dimostrazione di karate alla Scuola Normale Superiore Femminile di Tokyo, ove si stabilì.

Nel 1922 scrisse Ryu-kyu kempo: karate (karate significava ancora «mano cinese» e i nomi dei kata erano quelli originari di Okinawa). Nel 1935 pubblicò Karate-do kyohan, molti anni dopo tradotto dal maestro Oshima.

I primi anni furono difficili soprattutto sotto l’aspetto economico. Nel 1931 il karate fu ufficialmente riconosciuto dal Butokukai, l’organizzazione imperiale per l’educazione della gioventù. Dopo aver utilizzato un’aula del Meisei Juku (un ostello per studenti di Okinawa nel quartiere Suidobata), per qualche tempo Funakoshi fu ospite nella palestra del maestro di scherma Hiromichi Nakayama.

Nel 1936, grazie al comitato nazionale di sostenitori del karate, venne costruito il dojo Shotokan («casa delle onde di pino») a Zoshigaya. “Shoto” era lo pseudonimo che Funakoshi usava da giovane nel firmare i suoi poemi cinesi. Per facilitare la diffusione del karate in Giappone l’ideogramma to, che si leggeva anche kara («cinese»), fu cambiato con un altro avente la stessa pronuncia, ma il significato di «vuoto» (sia nel senso di «disarmato», che in riferimento allo stato mentale del praticante, concetto Zen di mu-shin). Vennero inoltre cambiati in giapponese i nomi originali delle tecniche e dei kata per renderli più comprensibili.

Nel dopoguerra il generale Mac Arthur proibì la pratica delle arti marziali, ritenute l’anima dello spirito militarista nipponico, ma a poco a poco l’interesse per il karate crebbe anche in Occidente e Funakoshi fu ripetutamente invitato a dare dimostrazioni.

Funakoshi lasciò la direzione dello stile Shotokan al figlio Yoshitaka, che trasformò profondamente lo stile elaborato dal padre, inserendovi attacchi lunghi e potenti, che facevano uso di nuove tecniche di calci. Yoshitaka morì di tubercolosi nel 1953. Ricordiamo che la diffusione del karate nel Giappone si deve ai maestri Funakoshi e Higaonna, ma la diffusione di esso in tutto il mondo orientale, si deve all’allievo e successore di Higaonna: Chojun Miyagi, nato nel 1888 e morto nel 1953.

Dal Karate nacquero poi diverse correnti di pensiero e il Karate si divise così in vari stili.

Stili del karate

Gichin Funakoshi, fondatore del Karate Shotokan.

Inizialmente esistevano due scuole, Shorei e Shorin, le quali tecniche erano diverse tra loro. in generale possiamo dire che nello Shorei-ryu si dà maggiore enfasi alle tecniche delle braccia, alla respirazione e all'uso della forza, troviamo posizioni più corte e movimenti decisamente più circolari dello Shorin-ryu, dove le posizioni sono più ampie e basse, le tecniche più agili e veloci e potenti e si usano più le gambe degli arti superiori. Shorei e Shorin erano le due principali scuole ma vi erano anche arti e differenze tra le tre città principali, Tomari, Naha e Shuri. alla fine del diciannovesimo secolo i nomi e gli stili si modificarono ancora, l'arte di Shuri e Tomari divenne lo Shorin Ryu mentre il Naha te divenne lo Shorei-ryu. Shorin e Shorei sono i due modi di pronunciare in quelle regioni il nome Shaolin che era il Tempio cinese a cui si fanno risalire tutti gli stili di Arti Marziali in generale. lo Shorei-ryu divenne successivamente il Goju-ryu, la cosiddetta "scuola dura e morbida" sviluppata dal maestro Higaonna Kanryo. lo Shorin-ryu si divide in altre scuole differenti, che hanno alcune differenze tra loro. ad Okinawa esiste una tradizione dove entrambi gli approcci Shori e Shorei sono mescolati in uno stile unico, la cui maggiore scuola è quella di Mabuni Kenwa che insegna lo Shito-ryu. dallo Shorin-ryu si origina invece lo stile Shotokan di Gichin Funakoshi e da questo si originò lo stile Wado-ryu di Otsuka Hironori. I principali stili del Karate sono:

  • Shotokan, lo stile moderno più diffuso, fondato da Gichin Funakoshi (con significativi contributi tecnici del figlio Yoshitaka) intorno agli anni Quaranta. Pur praticato in numerose varianti e da numerose scuole, con impostazioni tecniche piuttosto variegate, si caratterizza comunque per le posizioni tendenzialmente basse, stabili e forti (e quindi per una maggiore staticità rispetto ad altri stili). Prevede competizioni sia di Kata sia di Kumite, queste normalmente con protezioni piuttosto limitate. Il nome significa casa (kan) di Shoto (brezza nella pineta) pseudonimo con cui Funakoshi firmava i suoi componimenti poetici in stile cinese, secondo la tradizione colta dell'epoca.
  • Shotokai, stile moderno fondato da Shigeru Egami, è simile allo Shotokan ma molto morbido e senza agonismo. Enfatizza al massimo la postura corretta, l'utilizzo delle anche e il kokyu e l'irimi per vincere senza impiego e senza spreco di forza;
  • Shitō-ryū, stile moderno fondato dal maestro Kenwa Mabuni nel 1931. Egli iniziò a studiare il Karate-Do all'età di 13 anni dal maestro Ankoh Itosu; all'età di 20 anni iniziò lo studio del Naha-Te con il maestro Higaonna. Kenwa Mabuni in seguito si unì alle forze di polizia e questo gli permise di viaggiare per tutta l'isola di Okinawa cosi da imparare nuove arti marziali classiche dell'isola. Si trasferì ad Osaka nel 1929 dove aprì una propria palestra, decidendo in breve di insegnare la sua versione del Karate-Do. Mabuni incentrò il suo nuovo metodo di insegnamento su quanto appreso dai suoi due maestri più importanti: il maestro Kanryu Higashinna di Naha e Ankoh Itosu di Shuri; chiamò questo nuovo stile del Karate Shito Ryu dandogli le iniziali dei loro nomi, Higaonna e Itosu o, più semplicemente, scuola di Itosu e Higaonna. Lo Shito Ryu è lo stile con il maggior numero di Kata.
  • Wado-ryu, stile moderno che si basa sugli insegnamenti del maestro Hironori Otsuka, il quale fuse lo Shindo Yoshin Ryu JuJitsu con il karate di Okinawa e introdusse il moderno concetto di Kumite. Wado Ryu letteralmente significa: "La scuola della Via della Pace". Le posizioni sono molto alte e morbide, e si pone l'accento sulla velocità e la fluidità sia dei colpi che del corpo. Il Wado Ryu, ad un contrasto cruento, preferisce utilizzare schivate e taisabaki per controllare e accompagnare il colpo dell'avversario così da sbilanciarlo e lasciarlo scoperto ad una serie di contrattacchi rapidi e dirompenti. La sua caratteristica principale è inoltre il vasto bagaglio di Jujitsu per cui a tecniche di percussione si accompagnano proiezioni, leve articolari, strangolamenti e sbilanciamenti. Predilige una distanza medio-corta.
  • Shōrin-ryū, stile antico che tramanda lo Shuri-te e il Tomari-te secondo l'insegnamento dei maestri okinawensi Chōshin Chibana e Chōtoku Kyan. Da questo stile derivano le scuole moderne come lo Shotokan, lo Shito-Ryu, e il Wado-Ryu. I gruppi Shorin-ryu attualmente componenti della Federazione di Karate-do di Okinawa sono: Shorin-ryu Kyudokan (kobayashi), Shorin-ryu Matsubayashi, Ryukyu Shorin-ryu, Matsumura-seito-Shorin-ryu, Shorinji-ryu. Ognuno di questi gruppi è legato da generazioni a una famiglia okinawense di riferimento ma tutti si possono definire come Karate stile Shorin-ryu. È probabilmente lo stile maggiormente presente sull'isola di Okinawa e più legato alla tradizione insieme al Goju Ryu.
  • Goju-Ryu, stile antico tutt'oggi praticato ad Okinawa, tende a non discostarsi dallo stile codificato in origine. Nasce dal Naha-te, il cui primo Maestro fu Kanrio Higahonna che visse per moltissimo tempo nel Fukien in Cina. A raccogliere l'eredità di Higaonna e fondare lo stile Goju-ryu fu il maestro Chojun Myagi. Lo stile punta alla fusione di tecniche "dure" e di tecniche "morbide".
  • Uechi-ryu, stile antico fondato da Kanei Uechi in onore del padre Kanbun Uechi, lo uechi-ryu è forse lo stile più arcaico di karate in quanto aderente a quello che in cina si chiamava pangainoon (duro/morbido), kung-fu che il maestro sho-shi wa insegnava. La peculiarità di questo stile è il grande lavoro di condizionamento fisico che si pratica e il Kata Sanchin (che significa "tre conflitti") che è prettamente formativo: un esercizio isometrico atto a sviluppare il corpo, i muscoli e attraverso il quale si può apprendere la respirazione diaframmatica.
  • Sankūkai, o Sankudò, stile moderno che si basa sulla leggerezza e l'accuratezza della tecnica ma anche sulla potenza dei colpi. Fu fondato da Yoshinao Nanbu, che lo ha poi lasciato nel 1978, in modo da poterlo evolvere (per scelta del maestro Nanbu in persona), nell'arte marziale Nanbudo, che a tutt'oggi viene praticata e migliorata da lui stesso.
  • Kyokushinkai, stile moderno fondato dal maestro Masutatsu Oyama che, dopo aver praticato lo Shotokan sotto la guida di Gichin Funakoshi e il Goju-ryu, ha creato questo stile basato sul Kumite full contact. Incorpora alcuni Kata dello Shotokan e altri tradizionali. Lo stile necessita di una notevole preparazione fisica per poter essere praticato a causa anche dei combattimenti a contatto pieno. Le competizioni si svolgono senza protezioni.
  • Matsumura Seito, stile ortodosso e di famiglia, originato da Sōkon Matsumura (detto anche “Bushi Matsumura”). Gli insegnamenti vennero tramandati da Matsumura Sokon al nipote Matsumura Nabi Tanmē, che li tramandò al nipote Hohan Sōken, quest'ultimo a sua volta trasmise lo stile a vari allievi (non familiari); tra questi il maestro Nishihira Kosei fu quello che più si distinse nel praticare ed insegnare lo stile fedelmente e senza applicare modifiche.

La World Karate Federation riconosce questi stili di karate nella lista dei kata[11]

Filosofia Budō

Anko Itosu ebbe il grande merito di introdurre il Karate nelle scuole dell'epoca; a seguito delle prestigiose esibizioni del Maestro Gichin Funakoshi a Tokyo nel 1922, il Karate venne conosciuto al di fuori dell'isola di Okinawa. Questi sono stati i quattro maestri che hanno determinato nel Karate svolte di fondamentale importanza.

Funakoshi fu anche fondatore dello Stile Shotokan, che basa l'efficacia delle proprie tecniche su agili spostamenti e attacchi penetranti. Egli intese ed insegnò il Karate come "sistema di disciplina interiore" capace di condizionare tutti gli aspetti della vita dei praticanti, denominato più precisamente Karate-dō.

Da allora il Karate si è diffuso in gran parte del mondo, subendo anche cambiamenti discutibili che - secondo alcuni - lo hanno allontanato dallo spirito originale voluto dai suoi fondatori.

Il più grande ringraziamento che il praticante possa elevare è diretto ai maestri che insegnano a comprendere quest'arte e svelano, passo dopo passo, il , la "via" è molto più della tecnica, è un lento e misterioso cammino dell'essere verso la propria perfezione, il proprio compimento.

Ogni scuola di Karate tradizionale sintetizza per i propri allievi i principî morali che devono guidare la pratica e che ne costituiscono i fondamenti. Essi sono chiaramente enunciati nel Dojo Kun.

Le Regole del Dōjō (道場訓, Dōjō Kun)

Dojo Kun ( = via, = luogo) letteralmente significa "luogo in cui si pratica la Via". I Dōjō Kun variano a seconda della scuola. Quelli sotto riportati si riferiscono allo Shotokan.

  • Hitotsu jinkaku kanseini tsutomuru koto - cerca di impegnarti costantemente
  • Hitotsu makoto no michi o mamoru koto - cerca di essere giusto e sincero
  • Hitotsu doryoku no seishin o yashinau koto - dobbiamo cercare di impegnarci con assidua costanza
  • Hitotsu reigi o omonzuru koto - dobbiamo cercare di agire nel rispetto e nella cortesia
  • Hitotsu kekki no yu o imashimuru koto - dobbiamo cercare di controllare i nostri istinti

Il karate è fondamentalmente rispetto reciproco, sul quale si basa e il Dōjō kun dovrebbe venire applicato anche al di fuori del Dōjō. Infatti un esempio di questo principio è che nel kumite, praticato da certe palestre, non si può toccare l'avversario, mentre prima di salire sul tatami bisogna fare il saluto al Maestro. I quattro lati del Dojo hanno particolari nomi: la Sede Superiore, ovvero dove sta il ritratto del Maestro fondatore dello stile che viene praticato è chiamato Jo-Za, mentre il lato dove stanno gli allievi, per fare il saluto, è chiamato Shimo-za, ovvero sede inferiore. Nel saluto gli allievi sono sistemati in ordine di cintura, iniziando dalle nere con grado maggiore fino ad arrivare alle bianche. Il lato verso gli allievi di grado più alto è chiamato Jo-seki, mentre invece quello verso le bianche, quindi verso coloro con meno esperienza è chiamato Shimo-seki.

I Venti Principi Guida di Funakoshi (松濤二十訓, Shōtō Nijū Kun)

I venti principi fondamentali dello spirito del Karate insegnati dal maestro Gichin Funakoshi sono:[12]

  1. Non dimenticare che il karate-dō comincia e finisce con il saluto. (一、空手は礼に初まり礼に終ることを忘るな 。)
  2. Nel karate non esiste iniziativa (Karate ni sente nashi), (二、空手に先手無し。).
  3. Il karate è dalla parte della giustizia (三、空手は義の補け。).
  4. Conosci prima te stesso, poi gli altri (四、先づ自己を知れ而して他を知れ。).
  5. Lo spirito viene prima della tecnica (五、技術より心術。).
  6. Libera la mente (il cuore) (六、心は放たん事を要す。).
  7. La disattenzione è causa di disgrazia (七、禍は懈怠に生ず。).
  8. Il karate non si vive solo nel dōjō (八、道場のみの空手と思うな。).
  9. Il karate si pratica tutta la vita (九、空手の修行は一生である。).
  10. Applica il karate a tutte le cose, lì è la sua ineffabile bellezza (十、凡ゆるものを空手化せ其処に妙味あり。).
  11. Il karate è come l’acqua calda, occorre riscaldarla costantemente o si raffredda (十一、空手は湯の如く絶えず熱を与えざれば元の水に返る。).
  12. Non pensare a vincere, pensa piuttosto a non perdere (十二、勝つ考えは持つな、負けぬ考えは必要。).
  13. Cambia in funzione del tuo avversario (十三、敵に因って転化せよ。).
  14. Nel combattimento devi saper padroneggiare il Pieno e il Vuoto (十四、戦は虚実の操縦如何にあり。).
  15. Considera mani e piedi dell’avversario come spade (十五、人の手足を劔と思え。).
  16. Oltre la porta di casa, puoi trovarti di fronte anche un milione di nemici (十六、男子門を出づれば百万の敵あり。).
  17. La guardia è per i principianti; più avanti si torna alla posizione naturale (十七、構えは初心者に、あとは自然体。).
  18. I kata vanno eseguiti correttamente; il combattimento è altra cosa (十八、型は正しく、実戦は別もの。).
  19. Non dimenticare dove occorre usare o non usare la forza, rilassare o contrarre, applicare la lentezza o la velocità, in ogni tecnica (十九、力の強弱、体の伸縮、技の緩急を忘るな。).
  20. Sii sempre creativo (二十、常に思念工夫せよ。).

L'abito (karate-gi)

Il karate-gi. Consiste in due parti: uwagi (giacca) e zubon (pantaloni) usualmente portati con una obi (cintura) colorata (non mostrata nella foto).

In quasi tutte le arti marziali è uso allenarsi indossando un abito adeguato, chiamato gi (pronuncia: ghi); nel Karate, quest'abito è il karate-gi, composto da una giacca (uwagi), da un paio di pantaloni (zubon) di cotone bianco e da una cintura (obi) il cui colore designa il grado raggiunto dal praticante. Oltre al termine specifico "karate-gi", l'abito per la pratica del karate può essere chiamato genericamente "keikogi" o "dogi"; mentre completamente sbagliato, ma molto in voga, è il termine "kimono". Questa antica parola della lingua giapponese, che originariamente significava semplicemente "abito", ai nostri giorni viene usata per indicare uno specifico tipo di vestito tradizionale che nulla ha a che vedere con la pratica delle arti marziali.

Fu il maestro Gichin Funakoshi ad adottare per primo l'uso del "karate-gi". Infatti, in occasione della prima dimostrazione al Budokan di Tokyo, lui e un suo allievo indossarono un abito fatto da Funakoshi stesso la notte precedente, ispirandosi al modello del judo-gi ed utilizzando, però, una tela più leggera e comoda. Il colore bianco è quello naturale del cotone non tinto, essendo questo un abito semplice ed umile.

Regole di Karate-gi: per gli atleti di Kata (Combattimento immaginario con uno o più avversari) il keikogi è più duro e si può portare anche corto; Per gli atleti di kumite (Combattimento libero) il keikogi è più leggero e non deve essere lungo fino alle caviglie.

In molte arti del Budō (Kendo, Kyudo, Aikido), per esercitarsi si indossa, invece, una gonna-pantalone (hakama) tipico giapponese ma mai utilizzato ad Okinawa.

Cinture

La cintura nel karate è un riferimento che indica l'abilità, attestata dal superamento di appositi esami, nella pratica della disciplina di chi la indossa.

Nel 1924, Gichin Funakoshi, fondatore del Karate Shotokan, adottò il sistema dei dan dal fondantore dello judo, Jigoro Kano. Egli usò un sistema di gradi con un set limitato di colori di cintura. Anche gli altri insegnanti di Okinawa adottarono questa pratica. Tuttavia il sistema di gradazione delle cinture può variare a seconda dello stile. Nel sistema kyū/dan i gradi per principianti cominciano con un kyū numerato in maniera crescente,(ad esempio 9 kyū) ed avanza in maniera decrescente fino al kyū di numero più basso. Il dan inizia col 1 dan (Shodan, o "cominciando a dan") sino a giungere ai dan di grado più elevati. I gradi sono assegnati come una "cintura di colore" o mudansha ("uni senza dan"). I karateka con grado di dan sono assegnati come yudansha ("possessori del rango di dan"). Il yudansha porta tipicamente una cintura nera. I requisiti dei ranghi differiscono fra stili, organizzazioni e scuole. La minima età e il tempo nei gradi sono fattori promozione importanti.

L'esame consiste nel dimostrare le tecniche di fronte ad una commissione di esaminatori. Questa varia da scuola a scuola, ma l'esame può includere tutto ciò che si è imparato fino a quel punto oppure nozioni nuove. La dimostrazione è una domanda per grado nuovo (shinsa) e può includere: kata, bunkai, l'autodifesa, routine, tameshiwari ("rompendo"), e/o kumite (combattimento). L'esame di cintura nera può includere anche una parte scritta.

I colori delle cinture sono sette, corrispondenti a diversi livelli di "kyū" e "dan".

Livelli di "kyū":

  • All'inizio si indossa la cintura bianca, ma non si è ancora cintura bianca finché non si supera il relativo esame.
  • cintura bianca = 6º kyu
  • cintura gialla = 5º kyu
  • cintura rossa (o arancione a seconda della scuola) = 4º kyu
  • cintura verde = 3º kyu
  • cintura blu = 2º kyu
  • cintura marrone = 1º kyu

Livelli di "dan"

  • cintura nera (la cintura nera va dal 1º al 10º dan)


Le classificazioni per i kyū variano da federazione a federazione, ed esistono, presso alcune scuole, ulteriori cinture intermedie (bianca, bianco-gialla, gialla, gialla-arancione, arancione, arancione-verde, verde, verde-blu, blu, blu-marrone, marrone, marrone-nera). Dopo la cintura marrone si passa a cintura nera che rimane tale al raggiungimento di gradi superiori (dan), dal 1º in poi, anche se è possibile trovare federazioni che utilizzano la cintura bianco-rossa per il 6°, 7°, 8° dan e rossa per i 9º e 10º dan. L'ideogramma dan si trova anche nella parola shodan, che significa "principiante", per dimostrare come l'aver impiegato alcuni anni per diventare cintura nera sia davvero poca cosa in confronto a tutti gli anni di allenamento che aspettano. Generalmente, le cinture si ottengono per esami fino al 5º dan, mentre dal 6º dan in poi, il grado viene assegnato solo per meriti speciali e non più in seguito ad esami, anche se il modo in cui vengono rilasciati i più alti gradi dan può variare da federazione a federazione. Per i gradi più elevati non viene valutata solamente la mera capacità tecnica raggiunta ma soprattutto le doti di esperienza, didattica, organizzazione, sviluppo e dedizione a quest'arte marziale.

Bisogna però sottolineare come il formalismo relativo al vestiario e alle cinture iniziò solamente con lo sviluppo di massa del karate e quindi con la sua commercializzazione, soprattutto in occidente. Alle origini, il karate era praticato con i vestiti quotidiani, spesso solamente con la biancheria intima e non esistevano le graduatorie per cinture. Da molti praticanti di karate tradizionale, la cintura è considerata un simbolo di un certo livello di conoscenza e di percorso ma non possiede certo un valore meramente di grado.

In origine la cintura era solo bianca. Con il passare del tempo, a furia di utilizzarla, essa si sporcava e di conseguenza si anneriva. Perciò più una cintura era nera, ovvero sporca, più significava che veniva indossata da molto tempo; ciò significava che uno con la cintura nera praticava il karate da molto e quindi era bravo, mentre uno con la cintura bianca era agli inizi. Da qui ha avuto origine la colorazione delle cinture bianca e nera e in seguito tutte le colorazioni intermedie in ordine cromatico.

Filosofia

Gichin Funakoshi interpretò il "kara" del Karate-dō con il significato di "purificare se stessi da pensieri egoisti e malvagi, perché solo con una mente e coscienza limpida il praticante può comprendere la conoscenza che riceve". Funakoshi riteneva che il karateka doveva essere "interiormente umile ed esternamente gentile". Solamente comportandosi umilmente si può essere aperti alle molte lezioni del Karate. Questo può essere fatto solamente attraverso l'ascolto ed attraverso la ricezione delle critiche. Egli considerava la cortesia di primaria importanza. Diceva che "il Karate viene propriamente applicato solo in quelle rare situazioni in cui uno deve davvero atterrare qualcuno o essere da lui atterrato". Funakoshi ha ritenuto insolito per un appassionato l'utilizzo del Karate in uno scontro fisico reale più di una volta nella vita. Egli disse che i praticanti di Karate "non devono mai essere facilmente trascinati in una lotta". Resta inteso che un colpo scagliato da un vero esperto potrebbe significare la morte. Risulta chiaro che coloro i quali fanno un uso distorto di ciò che hanno imparato portano disonore a se stessi.[13]

Tecniche del karate-do

Il karate prevede lo studio approfondito di tecniche di colpo dette "atemi waza", parola derivata dalla contrazione del verbo "ateru-colpire" e "mi-corpo". Si utilizzano pugni, calci (principalmente alle gambe e al tronco), gomitate, ginocchiate e colpi di percussione a mano aperta nelle zone sensibili del corpo umano (femore, articolazioni, fegato, gola, costole fluttuanti) al fine di provocare un trauma anatomico che neutralizzi l'avversario nel modo più veloce ed efficace possibile seguendo la regola del "minimo sforzo, massimo risultato". Da segnalare che nello studio più avanzato dell'arte vengono esaminati anche gli "tsubo" o "punti di pressione" e particolarmente rilevante è il fatto che nel primo testo redatto dal maestro Funakoshi ("Karate-do Kyohan") un intero capitolo fosse dedicato all'anatomia umana a dimostrazione che non solo si deve imparare "come" colpire ma anche, e soprattutto, "dove". Tutte queste tecniche sono corredate da un insieme di parate, schivate, spostamenti e scivolate atte a deflettere e intercettare gli attacchi oltre a proiezioni, spazzate, bloccaggi e leve articolari. Non si deve però pensare al Judo o all'Aikido. Le proiezioni e le spazzate del karate non prevedono di "lanciare" l'avversario in lontananza (come nell'Aikido) ma di "sgretolarlo" sul suo centro, a terra, per impedirgli di contrattaccare e quindi finalizzarlo con tecniche di colpo. Il karate, del resto, è primariamente un'arte di percussione sebbene il suo studio comprenda tutte le possibilità di combattimento.

Preparazione fondamentale (Kihon)

Il Kihon è un termine che indica le tecniche di allenamento base, di parata o di attacco, su cui si basa il Karate. In pratica, si tratta di esercizi propedeutici all'esecuzione tecnica nel Karate.

Kata o Forme

Il kata è un combattimento contro un avversario immaginario, una specie di prova. Nel Kata, che significa "forma", si racchiudono le tecniche diffuse dalle varie scuole. Il karate ha una vasta gamma di kata che si differenziano nei diversi stili. I kata possono essere visti come delle tecniche marziali prestabilite, per la maggior parte, nelle otto direzioni dello spazio. Il kata non viene considerato come un combattimento simbolico eseguito a vuoto, ma come un combattimento contro uno o più avversari. Il numero dei kata, ma anche i loro nomi e i kata stessi, cambiano in base alla scuola ("stile") che si pratica. Gli elementi fondamentali per eseguire un buon kata sono: la tecnica, kime (la breve contrazione muscolare isometrica eseguita nell'istante della conclusione della tecnica), la potenza (indicata dalla formula P=FxV dove la velocità risulta essere maggiormente incisiva della forza), l'espressività, il ritmo e la sua bellissima storia. La maggior parte delle volte, un kata ( nelle gare a squadre ) è seguito dal bunkai, cioè la messa in pratica delle tecniche e la dimostrazione dell'efficacia delle tecniche e dei movimenti; solitamente le squadre sono formate da tre persone e, solo in Italia, vige la regola per cui il Torei (colui che si difende) deve essere unico.

Bunkai kata

Bunkai letteralmente significa "smontare" ed indica lo studio per l'applicazione pratica delle tecniche contenute nei kata. Lo studio di esse permette di estrapolare dai kata efficaci tecniche di difesa, molto spesso proiezioni, tecniche combinate, leve articolari e spazzate che sono nascoste magari all'interno di una tecnica di pugno o parata. Lo studio dei Bunkai Kata è uno dei più complessi dell'arte poiché richiede una chiave di lettura che si deve dedurre dallo stile del fondatore. È altresì uno degli argomenti più delicati per i teorici e gli studiosi dell'arte marziale poiché non possediamo documenti scritti sulla pratica del bunkai sebbene essa sia importantissima per la comprensione del karate. Da ricordare, inoltre, come le tecniche dei kata derivino da tecniche di combattimento codificate e non il contrario. Ciò significa che le tecniche contenute nelle forme sono funzionali e non mera tradizione scolastica.

Il combattimento (Kumite)

Gichin Funakoshi (船越 義珍), disse: "Non ci sono dispute nel Karate". Prima della seconda guerra mondiale, in Okinawa, il kumite non era parte integrante dell'insegnamento. Shigeru Egami riferisce che, nel 1940, alcuni karateka furono cacciati dal dojo perché usavano combattere facendo a pugni. Tra le caratteristiche del Kumite del Karate si nota che i colpi, ad eccezione del Kyokushinkai (e degli stili a contatto pieno da esso derivati), non vengono affondati alla ricerca del knockout dell'avversario, ma vengono arrestati per ovvi motivi di incolumità. Le tecniche tuttavia devono dimostrare il loro potenziale ed essere eseguite, arrestandole con controllo per non arrecare eccessivi danni. Ciò è possibile grazie ad un adeguato allenamento e ad un opportuno regolamento di gara. Quest'ultimo infatti prevede, in linea di massima, un lieve contatto a livello addominale, nessun contatto con tecniche di braccio al volto e un lievissimo contatto con tecniche di calcio al volto (anche se esistono vari regolamenti e, per esempio, in alcune federazioni e in determinati stili il contatto è consentito). L'eventuale ausilio di protezioni preventive (conchiglia, paradenti, corpetto, paratibia-piede, guantini) e l'adozione di sanzioni adeguate e di opportune norme completano il regolamento nella massima tutela dei praticanti. Negli anni cinquanta, il maestro Mas Oyama creò il Kyokushinkai (Full Contact Karate) e da esso, successivamente, si svilupparono molti altri stili che facevano del contatto pieno il loro punto di forza.

Condizionamenti

Il karate di Okinawa usa un addestramento supplementare noto come Hojo undō (補助運動). Questo utilizza una semplice attrezzatura fatta di legno e pietra. Il makiwara è uno degli attrezzi più usati (allenamento all'impatto dei colpi). Il "nigiri game" è un grande vaso usato per rinforzare la presa di mani e dita. Questi esercizi supplementari sono progettati per aumentare forza, capacità di resistenza, velocità e coordinazione muscolare. Il karate sportivo enfatizza esercizio aerobico, anaerobico, potenza, agilità, flessibilità e gestione dello stress. Tutte le pratiche variano a seconda delle scuole e degli insegnanti.

Karate sportivo (Sporting Karate)

La federazione mondiale del karate (WKF) è riconosciuta dal comitato olimpico internazionale (CIO) come responsabile per le competizioni di karate. La WKF ha sviluppato regole comuni che governano tutti gli stili. I WKF organisations nazionali coordinano coi loro rispettivi comitati olimpici nazionali.

 
Due karateka in combattimento.

Il karate non ha lo status olimpico. Nella 117ª sessione del CIO (luglio 2005), nella votazione per determinare se diventare sport olimpico, più della metà dei voti fu favorevole, ma era necessario il raggiungimento di almeno i due terzi dei votanti. Sul fronte karate sportivo va precisato che, oltre alla WKF, ci sono realtà diverse che enfatizzano il combattimento, nelle cui competizioni si può vincere anche per KO. Famoso è il Sabaki Challenge, dove ogni anno si sfidano atleti provenienti da ogni parte del mondo. Da menzionare, poi, i campionati mondiali di Kyokushinkai e Ashihara; entrambi caratterizzati da un numero rilevante di atleti internazionali.

Note

  1. ^ Morio Higaonna, Traditional Karatedo Vol. 1 Fundamental Techniques, 1985, p. 17. ISBN 0-87040-595-0.
  2. ^ (EN) History of Okinawan Karate, wonder-okinawa.jp. URL consultato il 28 novembre 2010.
  3. ^ Di solito si pronuncia come è scritto, senza accento sulla e finale, anche se esiste la variante karatè. Secondo altre fonti, la pronuncia karatè (con l'accento sulla e finale) è l'unica corretta. In realtà il giapponese non usa accenti ma accentua le sillabe allungando il suono della vocale. è traducibile in italiano con "mano" e kara con "vuota"; quindi, Karate è traducibile in "mano vuota". Pronunciare il te senza l'accento non ha alcun significato nella parola Karate. Pronunciare Karate dando enfasi sulla seconda a e non sulla e finale è scorretto.
  4. ^ 唐手研究会、次いで空手部の創立ラバは吸うです, Keio Univ. Karate Team. URL consultato il 14 marzo 2010. [collegamento interrotto]
  5. ^ Chojun Miyagi, Karate-doh Gaisetsu (An Outline of Karate-Do), Patrick McCarthy [1934], 1993, p. 9. ISBN 4-900613-05-3.
  6. ^ Draeger & Smith, Comprehensive Asian Fighting Arts, 1969, p. 60. ISBN 978-0-87011-436-6.
  7. ^ Mark Bishop, Okinawan Karate Second Edition, 1999, p. 11. ISBN 978-0-8048-3205-2.
  8. ^ Egami Shigeru, The Heart of Karate-Do, 1976, p. 13. ISBN 0-87011-816-1.
  9. ^ Shoshin Nagamine, Okinawan Karate-do, 1976, p. 47. ISBN 978-0-8048-2110-0.
  10. ^ (EN) Hanashiro, Chomo (1869-1945), fightingarts.com. URL consultato il 9 ottobre 2012.
  11. ^ Competition Rules. Kata and Kumite, World Karate Federation, page 25
  12. ^ Gichin Funakoshi, I Venti Principi Guida del Karate, Edizioni Mediterranee, 2010. ISBN 978-8827221044.
  13. ^ Funakoshi, Gichin. "Karate-dō Kyohan - The Master Text" Tokyo. Kodansha International; 1973.

Bibliografia

  • Kenji Tokitsu. Storia del karate. La via della mano vuota. Luni Editrice. ISBN 88-7984-017-7
  • Ciro Varone. "Del karatedo. Pensieri e confutazioni sulla pratica del karatedo". Editrice UNI Service 2009. ISBN 978-88-6178-398-0
  • Ciro Varone. "Kata okugi". Edizioni del Faro 2012. ISBN 9788865378618

Voci correlate

 

Collegamenti esterni